mercoledì, febbraio 28, 2007


Orizzonti sciclitani...



Nel 1995, a Barcellona, si firmava il trattato per la costituzione di un partnariato tra l'Europa e i paesi del Mediterraneo entro il 2010. I paesi euromediterranei si sono posti l'obiettivo di creare un'area comune di libero scambio per i prodotti industriali, agricoli e per i servizi, nonche' di aumentare la loro cooperazione in numerosi settori strategici come l'energia, la gestione delle risorse idriche, i trasporti e l'ambiente. Tutto cio' al fine di fare del Mediterraneo un'area di prosperita' condivisa. Alla zona di libero scambio (ZLS) mancano tre anni e già si sollevano a Scicli e altrove in Sicilia, inquietudini e legittimi interrogativi circa il futuro di importanti comparti produtti tradizionali e non.



Il nostro sistema agricolo locale, già sofferente, sarà minacciato dalla concorrenza (salutare) dei paesi arabi che vantano un costo del lavoro inferiore a quello che si sostiene in Provincia di Ragusa. La crisi del nostro sistema agricolo che sta vivendo come inizio di un preoccupante declino non è dovuta solo all’inadeguatezza delle classi dirigenti, ma soprattutto come ci spiega una firma autorevole dell'edizione palermitana di Repubblica, Agostino Spataro, alla mancanza d’idee valide, dell’incapacità di progettare il futuro dentro i nuovi, vasti orizzonti della globalizzazione, dell’innovazione scientifica e tecnologica.


Abbiamo bisogno di idee nuove, forti e mobilitanti, per uscire dal torpore fetido di una gestione asfissiante del quotidiano della nostra economia che rischia di relegare Scicli e la Sicilia intera in una condizione di estrema marginalità, dominata da un “rinnovato” sistema di potere politico incapace di stare a passo con i tempi.


Ma non tutte le speranza sono perdute. Infatti, la salvezza della nostra economia è fortunatamente ancorata all'altra scomessa: l'industria del turismo. Perchè non dobbiamo dimenticare che la Sicilia, come ci fa notare ancora Agostino Spataro (per chi l'avesse dimenticato!), è al centro del Mediterraneo, ovvero del il più grande bacino turistico del pianeta dove, ogni anno, oltre al turismo interno ai singoli paesi (che non si riesce a stimare con precisione) arrivano circa 180 milioni di turisti internazionali, appartenenti ad una fascia di reddito medio-alta, in gran parte europei e di altri paesi OCSE. Una massa enorme di persone, le quali oltre al mare e al sole, alle bellezze archeologiche e paesaggistiche, sono alla ricerca di una gastronomia tipicizzata e di qualità.



Questa ricerca di una gastronomia tipicizzata dovrebbe indurre i nostri agricoltori ad abbandonare il terreno del vecchio modo di fare agricoltura e incamminarsi verso la strada della trasformazione dei prodotti agricoli. In breve, trasformare l'indebolita e esaurita industria serricola in quella conserviera. E successivamente investire ingenti risorse nel marketing per incrementare la capacità di vendita e la notorietà del nostro territorio. Ma tutto questo crediamo che si realizzi mettendo gli individualismi insalubri da parte e promovendo una cooperazione tra i produttori agricoli accompagnata da una formazione permanente che fornisca gli strumenti culturali e tecnici per avviare questo processo. In tre parole: innovazione, formazione e cooperazione.




2 commenti:

Anonimo ha detto...

Carissimo moderatore,ti scrivo dall'Inghilterra,ma anche sono sciclitano.
Sono d'accordo con quello che dici nel tuo ultimo post,ma bisogna pensare che la Sicilia è la nostra terra e il più bel posto del mondo per me,quindi sono fiducioso che con il tempo e con delle persone piene di idee come lei,migliorerà.
Grazie

k.c. ha detto...

Grazie per aver postato un commento. E grazie per averci ricordato di non perdere la speranza.